Vent’anni fa, Maurizio Marcato ha intrapreso un progetto fotografico per Arredoluce che ha lasciato un segno importante nella storia visiva dell’azienda e nel settore dell’illuminazione. Il progetto non si è limitato a catturare semplici immagini di prodotti; al contrario, ha interpretato la luce come una forza vitale, capace di creare e sostenere la vita stessa. Marcato, noto per il suo approccio sensibile e visionario all’immagine visiva, ha voluto raccontare la luce stessa come elemento fondante dell’esistenza, rendendola protagonista assoluta di una narrazione dal significato simbolico e profondo.
Il processo creativo: dalla visione alla realtà
Per realizzare questo progetto, Marcato si è immerso in un percorso creativo meticoloso. Ogni fase creativa, dalla preparazione della scena alla scelta dell’illuminazione è stata studiata con l’intenzione di rendere l’immagine eterna. Per raccontare la luce come simbolo di vita, l’artista infatti si è ispirato a un evento reale e significativo: la nascita di un bambino nella famiglia Arredoluce, un simbolo tangibile del “venire alla luce” che si è prestato come metafora perfetta. A questo bimbo si è voluta affiancare la presenza di un nonno, il cui tocco con mani grandi e vissute racchiude un senso di continuità. Ogni dettaglio è stato pensato per aggiungere un significato: le mani del nonno, simbolo di esperienza e protezione, abbracciano il bambino, un gesto che rimanda al concetto di trasmissione della vita e di conoscenza direttamente dal passato.
Il contrasto tra il piccolo e il grande, il vecchio e il nuovo, ha dato forma a un’immagine che celebra la vita stessa e che la cristallizza in una rappresentazione visiva pura, potente e senza tempo. L’opera di Marcato contiene un significato che va oltre il visibile. Quando la si osserva, è possibile percepire il pensiero del fotografo e l’intenzione dietro ogni dettaglio. La fotografia non è solo uno scatto; è una dichiarazione d’intenti, un racconto che interagisce con lo spettatore e lo invita a riflettere su cosa significhi davvero “venire alla luce”.
La Luce come metafora
L’artista per “disegnare” la fotografia ha scelto una luce diretta e semplice, quasi “divina” in grado di enfatizzare il contrasto tra il bambino e il nonno, rafforzando in questo modo l’idea di una connessione generazionale. L’utilizzo della luce in questo scatto ha permesso a Marcato di costruire una metafora visiva che esplora in modo profondo la dualità tra vita e morte, giovinezza e anzianità, passato e futuro. In questo senso, la luce rappresenta molto più di un semplice elemento di illuminazione; è il mezzo assoluto attraverso cui l’artista comunica il ciclo della vita e il ruolo delle generazioni. “La Luce è Vita” non è soltanto uno slogan è ciò che rende l’opera unica e senza tempo, capace di trasmettere un messaggio universale.
L’intensità e l’autenticità di una creazione artistica
Questa fotografia mette in evidenza come l’approccio artistico sia fondamentale nella creazione di opere visive cariche di significato. Ogni fotografia di Marcato è realizzata con cura e attenzione, senza affidarsi a scorciatoie o processi automatizzati. La lentezza e la riflessione che caratterizzano questo metodo di lavoro rendono il risultato più profondo e autentico, qualità difficili da ottenere in un contesto di produzione digitale di massa. L’artista ha creato un legame intimo con il soggetto, un aspetto assolutamente impossibile da replicare con l’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale.
La sfida del tempo: perché la fotografia resiste e l’Intelligenza Artificiale no
Dopo vent’anni, questa immagine compare ancora indelebile sulle vetrine e nei materiali pubblicitari di Arredoluce, accompagnata dallo slogan “La Luce è Vita.” La domanda sorge spontanea: cosa ha reso possibile che questa fotografia resistesse al tempo e al cambiamento? È il valore del pensiero creativo che, attraverso un’immagine densa di significato, trasmette un messaggio eterno, frutto dell’ingegno umano.
Questa fotografia è infatti molto più di un’immagine: è un’opera d’arte. Nasce da un’intuizione, da uno sguardo attento a ciò che ci circonda, un’osservazione profonda del mondo che un algoritmo non può replicare. La diatriba tra immagine come opera d’arte e prodotto dell’intelligenza artificiale si accentua ancora di più in un contesto in cui l’AI crea migliaia di immagini ripetitive e immediate. Queste possono avere un certo fascino per l’osservatore, anche una bellezza tecnica se vogliamo, ma sono prodotte senza l’azione del pensiero e dell’emozione. Limitandosi a replicare o modificare dati preesistenti, esse infatti mancano di quella autenticità e di quella visione unica e irripetibile che contraddistinguono un’opera d’arte realizzata dall’uomo. Le immagini generate dall’AI sono tecnicamente perfette, ma mancano di una storia, di un contesto emozionale ma soprattutto, mancano di un’anima. L’opera d’arte, invece, va oltre il semplice visibile: ha una genesi accuratamente pensata, un’intenzione, un messaggio e il suo valore intrinseco risiede proprio in questa profondità di comunicazione riservata in via esclusiva all’osservatore.
La produzione artificiale genera ciò che può essere definito come “prodotto visivo”, una rappresentazione senza radici, creata in serie e priva di quel “soffio di vita” che contraddistingue il lavoro umano. La fotografia artistica sfida il tempo; non si consuma come un prodotto, ma si reinventa ogni volta che la si osserva, poiché in essa sono racchiuse le emozioni e le intenzioni di chi l’ha creata.
Così, mentre il mondo si riempie di immagini costruite da intelligenze artificiali, vuote di quell’intensità che solo l’uomo può imprimere, la fotografia tradizionale resiste come una dichiarazione di autenticità indelebile. La fotografia artistica chiede ancora di essere osservata e compresa, un valore che persiste e che invita a una riflessione profonda: quanto vale oggi un’opera creata dall’ingegno umano? Un interrogativo che forse non cerca una risposta immediata, ma una scelta ponderata, libera dai condizionamenti.
L’inestimabile valore dell’Arte
In un’epoca in cui la tecnologia sta prendendo sempre più spazio, questa fotografia diventa così un manifesto potente in nome dell’arte umana, un richiamo all’importanza dell’ingegno e dell’emozione che solo l’uomo può esprimere. Questo progetto fotografico di Maurizio Marcato rappresenta un esempio di come l’arte sia davvero capace di parlare all’anima, di toccare corde emotive profonde e di resistere alla prova del tempo.
Lo scatto di Maurizio Marcato nella sua esecuzione originaria con il particolare della mano che afferra delicatamente il pollice, dettaglio di magico significato.
In copertina l’immagine rappresenta lo scatto di Maurizio Marcato nella sua esecuzione originaria