Meraviglia, dal latino mirari, “guardare con stupore e ammirazione”, è il motore e l’inizio di ogni conoscenza.
È il primo passo della vera trasformazione: imparare a vivere con profondo e duraturo stupore, grazie alla capacità di scoprire, di accorgersi del nuovo, sempre straordinario, e di sollecitare l’immaginazione.
Nella lingua giapponese, il concetto di 驚き (odoroki) racchiude la stessa essenza profonda della meraviglia. Significa “stupore”, “sorpresa”:
il momento in cui qualcosa ci colpisce inaspettatamente, facendoci sussultare il cuore.
Ma odoroki non è solo “sorpresa”: è una vibrazione improvvisa del corpo e della mente, che può portare allo stupore, al timore o alla gioia.
Nella cultura giapponese, odoroki è considerato il seme della consapevolezza: l’istante in cui il mondo si apre come un ventaglio, rivelando che la realtà non è mai scontata.
Lo Zen ne parla spesso: Lo stupore è il respiro che riporta al presente.
Nelle arti visive e nella poesia odoroki è il punto di frattura che rivela la vita nascosta nelle cose. È il lampo che precede il silenzio: il momento in cui l’animo percepisce la vibrazione sottile del reale.
Come mirari, anche odoroki ci invita a un’attenzione radicale: a vedere davvero.
Entrambi insegnano che lo stupore non è distrazione, ma disciplina dello sguardo.
E che solo chi sa fermarsi, osservare e lasciarsi colpire, può davvero comprendere e creare.
Il problema è proprio questo: in un mondo costruito sull’ovvietà e l’omologazione, dove tutto appare scontato, la creatività è il bene più prezioso che dobbiamo coltivare.
Ma diventa impossibile farlo se non ci si esercita a cogliere, ogni giorno, qualcosa di eccezionale in ciò che accade intorno a noi.
La meraviglia non è un’emozione pura e semplice.
Non è un linguaggio poetico.
La meraviglia è riflessione, considerazione e previsione.
È una lettura calma e profonda di ciò che ci circonda.
Da questo osservare in modo lento e accurato nasce l’immaginazione: strumento fondamentale che ci ha permesso di reinventare il mondo.
Se non ci si educa alla meraviglia, non si riesce a scoprire il nuovo: quel dettaglio straordinario che fa la differenza, l’attenzione a ciò che cambia, la capacità di scardinare stereotipi e schemi mentali.
La meraviglia nasce dall’allenamento e dal coraggio di “prendersi una pausa”.
Era una pratica che facevo sperimentare ai miei alunni ogni giorno a scuola: per pochi minuti, mattina e pomeriggio, dovevano concedersi una piccola pausa per osservare il mondo come qualcosa di esterno, altro da sé.
In questo modo i ragazzi imparavano un piccolo sistema di osservazione lenta, libera dagli automatismi e dai preconcetti.
E scoprivano così aspetti diversi e inattesi.
Grazie allo sviluppo della capacità di meravigliarsi, esploravano nuovi orizzonti e acquisivano una consapevolezza diversa delle cose.
Perché la meraviglia ristruttura dal profondo la nostra capacità cognitiva, ci apre gli occhi, accende la curiosità e aumenta la voglia di imparare.
Chi non sa meravigliarsi, ha smesso di imparare.
Elisabetta de Strobel
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